La Casa.
Di Bjorn Giordano
La casa spiccava tra le altre non per chissà quale stravaganza architettonica.
Intonaci bianchi.
Un comune corredo di tegole in armonia con la severità dei piani regolatori, delle norme di decoro urbano e dei vincoli al patrimonio, mero pretesto per costosissima marca da bollo.
La breve rincorsa di un piccolo giardino per arrivare alla porta.
Infissi in ordine e pluviali saldi, pudicamente velati d’ossido.
La casa spiccava perché era Vuota, vuota in modo peculiare.
Chi vi aveva abitato non era riuscito ad imprimervi il minimo segno: scalfiture; graffiti infantili sulle pareti delle stanze; la minima traccia di personalità o della sua mancanza.
Nemmeno i segni dell’incuria attecchivano.
Qualcuno vi abitava ancora?
La casa riusciva a non essere abitata a dispetto degli inquilini che forse la occupavano ancora; riusciva a farsi scivolare addosso gli sguardi dei passanti e ad evitare le mire degli agenti immobiliari.
La casa sviava immancabilmente le ronde dei ladri di quartiere.
La casa spiccava tra le altre solamente ai duplici occhi che la osservavano a turno dalla parte opposta della via.
La casa era Vuota.
La casa era una Porta.
La casa era sempre stata lì e chi la osservava era tornato per attraversarla.
I due visi dell’uomo sorridevano debolmente mentre varcavano l’ingresso sul quale era, impercettibile, segnato un nome:
Domus Ianus.