La
città meccanica
di
Bjorn Giordano
E'
una fredda mattina di primavera incastonata nel secolo del vapore.
Tutti
si accorgono che qualcosa è cambiato bruscamente.
La
qualità della luce?
L'improvviso
rovescio nelle sorti di qualche guerra lontana?
Nessuno
saprebbero dirlo con certezza.
Altrove.
La
prima città meccanica semovente è pronta al varo.
Il
suo profilo è stagliato brutalmente sul cielo.
La
sua massa incombe sulla campagna circostante.
L'ombra…
un
nulla che inghiotte luce restituendo cupe iridescenze.
Ciminiere.
Comignoli
di metallo brunito.
Dita
ferocemente puntate verso il cielo.
Un
dedalo di passerelle, garitte e giunti mobili nei quali perdersi.
Fanfare
e stendardi lusingano gli occhi e le orecchie della folla accorsa
all'evento.
Sui
palchi della macchina i rappresentanti delle autorità fanno mostra
di sé, tronfi.
Le
irte logge riecheggiano la sciocca solennità dei comizi inaugurali.
Ora
è il profondo respiro del fuoco.
La
macchina viene messa in moto al suono delle
immani
slavine di carbone che vengono precipitate dentro alle sue caldaie.
Cibo
fossile per la creatura metallica.
Il
suono delle sirene e la corsa degli immensi pistoni
fanno
vibrare l'aria a chilometri di distanza, fino alla costa lontana.
La
città è in cammino…
La
Nuova Gerusalemme meccanica e con essa il progresso, si muove.
Essa
avanza irriducibile lasciando dietro di sé una lunga scia di paesi
travolti,
dopo
aver inghiottito ossa, vestiti di gala, l'intera banda degli ottoni,
la
buona società e tutto il pubblico convenuto: combustibile per
alimentare
il
cieco movimento della città verso un traguardo ignoto e senza scopo.
Sentite
quel sordo tremore?
Sta
arrivando.
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